Isaia

Il libro del profeta Isaia tratta di eventi storici avvenuti in epoche diverse. È composto di tre parti che raccontano la vocazione e l’impegno del profeta; offrono parole di consolazione; parlano della ricostruzione di Gerusalemme.

Tra tutti i libri della Bibbia, il libro del profeta Isaia è il più ricco di capitoli e il più citato nel Nuovo Testamento. Leggendolo con attenzione, appare evidente che tratta eventi storici avvenuti in epoche diverse; questo fa pensare alla presenza di più autori.
Di fatto il libro del profeta Isaia è composto da tre libretti, scritti il primo, detto protoisaia prima dell’esilio (cap. 1-39); il secondo, detto deuteroisaia, durante l’esilio a Babilonia (cap. 40-55) e il terzo, detto tritoisaia, scritto al ritorno dall’esilio (cap. 56-66).
Chi è il profeta Isaia sotto il cui nome vanno questi tre libretti? Il libro biblico si apre con la presentazione della realtà storica di Isaia, ne ricorda il nome del padre: Amoz, e spiega che ha esercitato il suo ministero profetico in Gerusalemme a partire dal secondo anno del re Ozia, fino all’assedio di Gerusalemme (701) da parte del re Babilonese Sennacherib.
La vocazione del profeta Isaia è molto caratteristica. A differenza dei profeti dell’Antico Testamento, che sono chiamati da Dio ad esercitare il servizio della profezia, a volte improvvisamente, e spesso presentando delle difficoltà, Isaia si offre volontario. Anche le circostanze sono particolari. Isaia è nel Tempio. Qui Dio gli si manifesta con una visione, descritta con termini e simboli dell’Antico Testamento. Essi indicano la santità di Dio, che aborrisce il peccato, ma nutre misericordia verso il peccatore. Il profeta di fronte alla santità di Dio vede il vuoto del suo peccato ed ha paura. Dio lo purifica. Appena esprime il desiderio che qualcuno parli al popolo a suo nome, Isaia risponde: “Ecco manda me” (Is 6,8-9). Può andare perché il fuoco, con il quale l’angelo ha toccato le sue labbra, lo renderà capace di proferire le parole di Dio.

Le notizie sull’attività di Isaia, scritte nel primo libretto, mostrano che fu una persona autorevole e influente nel campo politico. Non ebbe paura di criticare l’operato del re quando non rispettava i criteri della verità e della giustizia e con coraggio il profeta dava consigli politici che tenevano nel dovuto conto la caratteristica di Israele di essere il popolo che si fida di Dio. Il suo insegnamento riprende quello dei profeti del Nord: Amos e Michea che denunciano la prepotenza dei potenti e la conseguente ingiustizia sociale.
E’ difficile, invece, identificare storicamente l’autore del secondo e del terzo libretto. Il secondo libretto è detto libro della consolazione perché inizia e termina con parole di consolazione; il terzo riguarda la ricostruzione di Sion, cioè Gerusalemme e il popolo di Dio. 
I tre libri sono attribuiti allo stesso autore, il profeta Isaia di cui si conosce la realtà storica, perché un legame tematico attraversa i 66 capitoli che compongono questo libro. È il passaggio dalla ribellione a Dio al desiderio di fedeltà, dalla sordità all’ascolto, dal cercare aiuto e consistenza nelle alleanze umane e nel fidarsi di Dio. In pratica nel passare dalle tenebre alla luce. Ed è anche l’insistenza nell’affermare che Dio anche se castiga non distrugge il suo popolo ma lo rinnova con la sua fedeltà paterna e materna (Is 49,15 ). Si suppone, dunque, che autore del secondo e terzo libro siano discepoli del profeta Isaia del quale sviluppano e approfondiscono la visione teologica in tempi e circostanze diverse.

Gli oracoli del profeta Isaia (cap. 1-39) sono intrecciati da minacce e da promesse legate alla venuta del Messia che sarà di discendenza davidica; dalla sicurezza che Dio protegge Gerusalemme. Questo fatto fa pensare che questi oracoli sono stati messi insieme dopo la morte di Isaia, a fatti avvenuti.br>

Nella liturgia durante l’avvento si legge in particolare il primo libretto; in quaresima, soprattutto la seconda parte.

 

La prima parte del libro di Isaia, chiamata Protoisaia, comprende gli oracoli pronunciati dal profeta. È una lettura degli avvenimenti politici alla luce della fede in Dio.

Il protoisaia (cap. 1-39) comprende gli oracoli pronunciati dal profeta Isaia, i cui temi e linguaggi possono raggrupparsi così:
- I capitoli 1-12 raccolgono gli oracoli che il profeta indirizza ai capi dei popoli che abitano nel regno del Sud, la cui capitale è Gerusalemme, per invitarli a vivere la fedeltà a Dio che si esprime nei rapporti sinceri e giusti verso tutti. L’infedeltà sarà causa di una catastrofe nazionale che servirà per riconoscere questo peccato.
Nei capitoli 6-9 la parola del profeta si fa parola di speranza perché Dio, nonostante il peccato umano, mantiene la sua fedeltà e le sue promesse di bene. E’ il libro detto dell’Emmanuele. Narra la vocazione del profeta e l’annuncio di questi al re Acaz, scoraggiato per la minaccia dei popoli stranieri sul suo paese, della sicura nascita di un bimbo proprio dalla sua giovane sposa. Egli sarà per il re Acaz, senza speranza, segno della benedizione di Dio e promessa di futuro. Questa parte termina con un canto di lode.
- I capitoli 13-27 raccolgono gli oracoli contro i popoli pagani fautori di idolatria e un canto di lode e di promessa a Israele.
- I capitoli 28-35 sono caratterizzati dall’alternanza di canti di lutto e di trionfo. Essi richiamano la situazione politica che il profeta legge alla luce di Dio. Vede morte quando il popolo si appoggia sulle potenze umane e speranza quando ritorna a Dio. Il canto di lutto è rivolto anche ai popoli pagani di cui annuncia la fine.
- I capitoli 36-39, infine, presentano l’intervento del profeta nel delicato momento in cui il re persiano Sennacherib assedia Gerusalemme. Termina con le parole del profeta che annunziano l’invasione di Babilonia. Questa ultima parte descrive in forma di oracoli ciò che il secondo libro dei Re, nei capitoli 18-20 racconta come storia.

Questa prima parte del libro di Isaia (cap. 1-39) nella sua varietà di temi e di stili mostra che il profeta legge gli avvenimenti politici alla luce della fede nel Dio, tutto Santo, roccia salda e, pertanto, rifugio sicuro contro ogni minaccia. Questo messaggio è evidente nelle parole appassionate che il profeta rivolge ai capi che cercano aiuto nelle alleanze straniere: “Nel ritorno a Dio e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza”.

La tradizione natalizia raffigura la nascita di Gesù nella mangiatoia (cf Lc 2,16) con accanto l’asino e il bue che lo scaldano. Il riferimento biblico è in Isaia 1,3. Il profeta presenta questi due animali come esempio di fedeltà al loro padrone, mentre Israele non ha saputo riconoscere la presenza benefica del suo Signore in mezzo al popolo.
La profezia di Isaia sull’Emmanuele (Is 7,4) è ripresa da Matteo che nel suo Vangelo chiama Gesù con il nome di Emmanuele e ne spiega il significato: Dio con noi (Mt 1,22). Gesù è Dio con noi, Dio che si prende cura di noi! La giovane donna di cui parla Isaia è figura della vergine Maria, madre di Gesù, che è la speranza del mondo ed il segno che Dio non si è stancato degli uomini.
Il capitolo 5 è un bellissimo oracolo in forma di poesia dove il profeta canta l’amore ferito di Dio per il suo popolo che ha disatteso le sue speranze ed i suoi progetti d’amore.

La seconda parte del libro di Isaia, chiamata Deuteroisaia,comprende i canti del servo di JHWH. La fedeltà di Dio porta il popolo d’Israele a iniziare, on il ritorno in patria, na nuova storia, ricca di promesse e di futuro.

Isaia 40-55, è la seconda parte del libro attribuito al profeta Isaia. Contiene la predicazione di un autore anonimo, discepolo del profeta Isaia, il quale, certamente, in questo periodo storico era morto da tempo. Si pensa che detta predicazione sia avvenuta a Gerusalemme, dopo il 587 a. C., tra coloro che erano rimasti in questa città e non tra i deportati in Babilonia.
L’autore sembra aver iniziato la sua predicazione nel contesto gioioso dell’editto del re persiano, Ciro (538 a.C), che autorizzava ed incoraggiava gli esiliati a ritornare a Gerusalemme, per ripopolare la città santa e ricostruire il Tempio.

Isaia 40-55 non è stato scritto di getto. Risulta, composto di vari strati di predicazione, che alla base originaria aggiungono nuove interpretazioni, suscitate dal cambiamento storico in atto. Così al primo testo o predicazione (cap. 40-48) che testimonia la gioia dell’annuncio della liberazione: “Consolate, consolate il mio popolo, annunziatele che è finita la sua schiavitù, che la sua colpa è stata espiata” segue la successiva che riguarda Sion, cioè Gerusalemme, che canta di gioia perché il Signore gli ha rinnovato la sua fedeltà (49-54).
In pratica, questo libro dichiara che proprio ora sta per iniziare una nuova storia ricca di promesse e di futuro, grazie alla fedeltà di Dio che perdona e rinnova tutte le cose. In tal modo Dio si rivela capace di ricreare e salvare, mostrando l’impotenza delle divinità pagane, definite mute, sorde e cieche (Is 46,7), incapaci, cioè, di entrare in relazione. 
La salvezza, che Israele riceve in dono, deve manifestarsi a tutti i popoli, che dovranno riconoscere l’unicità del Dio biblico, al quale solamente appartiene la gloria e l’onore. Il ritorno in patria è vissuto come esperienza di un secondo e nuovo esodo. Mentre il primo, avvenuto con la mediazione di Mosè, segnò il passaggio dalla schiavitù sociale alla libertà, il nuovo esodo, che avviene per la mediazione del re pagano Ciro, è più profondo ed interiore. Procura il passaggio dalla schiavitù del peccato e delle conseguenze dell’infedeltà al riconoscimento della fedeltà di Dio e del rigetto del peccato.
Il discorso di consolazione che percorre l’intero libro intramezza i quattro canti detti delServo di JHWH, che muore per salvare le moltitudini.
Gli studiosi discutono se questa figura, così ben marcata nella descrizione biblica, sia riconducibile ad un personaggio della storia o sia una immagine simbolica. Siamo ben lontani dal raggiungimento di un consenso unanime. E non sarà possibile raggiungerlo. Già all’interno dello stesso testo, una prima interpretazione sembrerebbe indicare nel servo, lo stesso re Ciro, chiamato servo, “mio pastore” (Is 44,28), “mio unto” ma questa interpretazione non può essere assoluta perché il servo è umiliato e maltrattato, mentre Ciro è glorioso.
E’ possibile che all’inizio della predicazione e della stesura di questi testi ci sia stata la figura del re interpretato come il servo che Dio sceglie per liberare il suo popolo, ma in seguito il servo di Jhwh è stato identificato con la comunità fedele d’Israele. Infine, nel Nuovo Testamento il servo fedele di Jhwh nel quale si realizzano tutti gli aspetti descritti nei quattro cantici è Gesù, che veramente offre la vita per salvare le moltitudini.

Il nuovo Esodo che condurrà gli esiliati da Babilonia a Gerusalemme simbolo del passaggio dal peccato ad un nuovo rapporto fedele con Dio, a differenza di quello dell’Egitto avvenuto nella paura ed in fretta, è presentato quasi come una processione liturgica che si snoda tra canti di lode a Dio creatore e salvatore (Is 43,14-21).

Il termine servo nella Bibbia è un titolo d’onore, attribuito a persone che vivono un particolare rapporto di fiducia con Dio. Egli si fida di loro per realizzare i suoi progetti di bene. In alcuni casi, ma soprattutto per Gesù essere servo corrisponde ad essere figlio.   I canti del Servo di JHWH sono: Is 42,1-9; 49,1-7; 50,4-11; 52,13-53,12. Il Nuovo Testamento vi fa chiaro riferimento soprattutto in Fil 2,6-11; 1 Pt 2,21-25. La liturgia cattolica li proclama e contempla nel periodo quaresimale.

 

La terza parte del libro di Isaia, è chiamata Tritoisaia.In questi dieci capitoli l’autore richiama la necessità della conversione, dell’annuncio del lieto messaggio e dell’anno di grazia: il giubileo.

Autore di questa terza e ultima parte del ‘libro di Isaia’ è un profeta del V sec.a.C.
I temi trattati mostrano che egli indirizza le sue parole al popolo ritornato a Gerusalemme dopo l’esilio a Babilonia. 
La gioia del ritorno ben presto si trasforma in tristezza, scoraggiamento e anche in una rinnovata situazione d’infedeltà verso Dio e la comunità. Il ritorno in patria non porta verso quella radicale novità annunciata dal Deuteroisaia, che aveva parlato di un nuovo Esodo come passaggio dall’infedeltà e dal peccato alla fedeltà con Dio, quasi come la concretizzazione dell’Alleanza.
Una serie di problemi concreti mette a dura prova le rinate speranze: i rimpatriati a Gerusalemme non trovano più le terre e le case che erano state di loro proprietà. Devono ricominciare da capo a ricostruirsi la vita. Soprattutto devono porre al centro della loro vita religiosa e politica il Signore. Per questi motivi gli esegeti sono convinti che i contenuti di questi dieci capitolirisalgono al tempo di Neemia, il governatore venuto a Gerusalemme per guidare e incoraggiare la ricostruzione di Gerusalemme, del Tempio e organizzare la vita politica e religiosa del popolo.
Il Tritoisaia da una parte si ricollega alle parole di consolazione di Is 40-55, dove si annuncia la ricostruzione di Gerusalemme e dall'altra richiama il messaggio di conversione del primo Isaia (capitoli 1-39), attualizzandola in questa nuova situazione di scoraggiamento, perdita di speranza e infedeltà.
Nei brani di consolazione il profeta afferma che la salvezza, lo splendore della gloria di Dio sul suo popolo (60,1s.) cambierà la loro situazione caratterizzata dai bisogni economici (60,17; 62,8-9), dall'insicurezza politica (60,10-18), da rovine e distruzione (61,4) e soprattutto da un perdurante stato di umiliazione (61,7; 62,4). Centro delTritoisaia è il capitolo 61, il quale dichiara che la missione del profeta è essenzialmente un lieto annuncio per i poveri, gli ammalati, gli emarginati; è predicare il condono dei debiti da parte del Signore, vale a dire il suo anno di grazia. Esso corrisponde alGiubileo.

In pratica, il messaggio di questi dieci capitoli si snoda su un itinerario spirituale che, come un filo rosso, partendo dalla denuncia del disordine morale della comunità,richiama la necessità assoluta della conversione. A questa condizione la nuovaGerusalemme può accogliere la consolazione e la salvezza di Dio e divenire centro del pellegrinaggio di tutti i popoli che vengono a Gerusalemme ritenuta il luogo delle benedizioni di Dio. Nella Gerusalemme rinnovata anche gli stranieri possono essere accolti a condizione che onorino Dio e ne rispettino le leggi. Gerusalemme con la sua vita rinnovata può divenire la comunità che, con la luce di Dio che la inonda, a sua volta, indica e conduce a Dio.

Il Vangelo di Luca (Lc 4,16 ss) narra che Gesù nella sua prima predicazione, nella sinagoga di Nazareth, attribuisce a se stesso la missione del profeta descritta in Is 61,1-3. Quell’annuncio di salvezza si realizza nella sua persona che accoglie, guarisce, libera i prigionieri e condona i peccati.

L’Apocalisse, (cf Ap 21,24) ultimo libro della Bibbia, presenta la Gerusalemme celeste riprendendo e interpretando il pellegrinaggio dei popoli a Gerusalemme, per onorare Dio, descritto in Is 60.