Levitico

Libro scritto durante l'esperienza dell'esilio, quando il popolo d'Israele, privato del re, del tempio e della terra, si ri-compose come comunità sotto la guida dei Leviti.

La parola levitico proviene da Levi, nome proprio, di uno dei figli di Giacobbe, che, nella storia del popolo d'Israele, divenne il capo della tribù sacerdotale, la quale esercitava il culto religioso.
Il titolo Levitico potrebbe, per tale motivo, alludere al libro dei preti, opinione vera solo in parte. 
I sacerdoti, senza dubbio, hanno avuto una parte notevole nella formazione del libro, ma i 36 capitoli che lo compongono hanno lo scopo di condurre il popolo a quest'unica meta, voluta da Dio: "Siate santi perché io, il Signore, sono santo" (Lv 11,44; 19,2).
Alla luce di quest'ideale, che è, nello stesso tempo, impegno d'ogni credente, si comprendono le numerose prescrizioni rituali che caratterizzano il testo. Esse mirano a far comprendere che Dio, il santo per eccellenza, Colui che è inafferrabile, ineffabile, il tutt'Altro si è fatto vicino, ha eletto il suo popolo e con esso vuole condividere vita e santità. Per poter vivere e crescere in questa santità o appartenenza con Dio, Israele ha bisogno di un culto (Lv 1-10); di mantenersi senza peccato, il quale allontana da Dio (Lv 11-16); di esprimere la sua fedeltà a Dio in tutti gli ambiti della vita: individuale, familiare e sociale (Lv 17-27). Per vivere tutto questo la mediazione sacerdotale è di fondamentale importanza.

Il Levitico fu scritto durante l'esperienza dell'esilio. La comunità giudaica, a causa della sconfitta babilonese (586 a.C.), aveva perduto il re, il tempio, la terra. In questa situazione, si ri-comprese come comunità religiosa, guidata dai leviti, garanti della fedeltà e identità giudaica, in mezzo a popoli pagani, i cui usi e cultura potevano trascinare nell'idolatria. Gli scribi sostenevano la fede con la lettura della Parola e la preghiera che si faceva nella nascente Sinagoga; i leviti conservavano la Legge, la completavano e sviluppavano le norme del culto che si celebrava a Gerusalemme, già prima dell'esilio, e si sarebbe celebrato al ritorno dall'esilio. In sintesi: il Leviticoesprime una profonda certezza nella santità divina, considerata in se stessa e nel desiderio e iniziativa di Dio che vuole condividerla con il suo popolo. L'incessante appello alla santità e alla purità rituale è una scuola di formazione per una coscienza religiosa, capace di vivere un'etica che rifiuta il male e cresce nel rapporto con Dio.

Il Levitico è uno dei libri meno conosciuti e letti dai cristiani: molti dei suoi riti sono lontani dalla nostra cultura ed il Nuovo Testamento li ha superati. L'avvertimento del profeta Osea si pone come chiave di lettura del libro: "Io voglio l'amore e non i sacrifici, la conoscenza di Dio non gli olocausti" (6,6). I riti dovevano, infatti, esprimere tutto questo. Soprattutto Gesù mette in guardia a non ridurre la religiosità ad una pratica esteriore alienata dalla quotidianità, come accadeva ai suoi tempi. 

Gli ebrei, a differenza dei cristiani, chiamano questo libro Il Signore chiamò, perché utilizzano le prime parole del libro (Lv 1,1) e le collegano alla conclusione del 'libro dell'esodo'.

La 'lettera agli Ebrei' riprende molti riti del 'libro del levitico' e le ripresenta in ottica cristiana (cf. ad esempio: Eb capitolo 7 e 9).