Qoelet

Il libro di Qohelet si interroga sull’insensatezza della morte< che tocca il giusto e l’ingiusto, il giovane e il vecchio; sul problema della sofferenza e sull’intera vita umana.

Fa parte degli scritti sapienziali. Nella Bibbia ebraica è collocato tra i ketuvim (Scritti). 
Qohelet non è un nome personale, ma indica un servizio e richiama colui che parla in assemblea, il predicatore. Il libro risale ai secoli IV-III a. c. quando il popolo venne a contatto con la cultura ellenistica, durante la quale si sviluppa quasi una filosofia popolare che si interroga sul senso globale del vivere e del morire.
Qohelet si presenta nell’immagine di Salomone, considerato il saggio per eccellenza, che cerca il senso di tutto ciò che caratterizza le vita in tutte le sue espressioni. In questo libro, invece, il sapiente mette in crisi, come fa anche il libro di Giobbe, l’insegnamento tradizionale, secondo cui, ad esempio, il giusto sarebbe benedetto e l’empio punito. Qohelet smentisce tutto questo. 

Le parole più note del libro sono quelle che lo aprono e si ripetono quasi come un ritornello: Vanità delle vanità, dice Qohelet, tutto è vanità”. Questa parola si ripete trentotto volte. La parola vanità in ebraico: ‘hebel’ significa ‘soffio’, ‘vento’, cioè fugacità delle cose e della stessa vita. 

La sapienza di Qohelet sembra affermare che la vita, vista nella sua concretezza, è così effimera che non c'è nessun vantaggio a essere saggi o stolti. Qohelet si interroga sull’insensatezza della morte che tocca il giusto e l’ingiusto, il giovane e il vecchio; sul problema della sofferenza e su tutto ciò che fa dibattere la persona umana per ottenere qualcosa o essere qualcuno: “Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole?” (1,39) dal momento che la sua esistenza trascorre come un’ombra (cfr 6,12). Che cosa rimane allora di importante alla persona umana? 
La varietà delle massime che caratterizzano il libro, che vanno dal pessimismo all’ottimismo quasi sorridente, hanno fatto pensare che il libro sia frutto di almeno tre autori diversi per carattere: il pessimista, il pio ed il saggio. Le apparenti contraddizioni non sono generate da diversi autori ma sono l’immagine della vita che è in se stessa contraddittoria. Il libro del Qohelet è, dunque, lo specchio della vita umana.
Dietro queste constatazioni realistiche e disincantate sull’esperienza umana, emerge la persona credente che, pur vedendo realisticamente la realtà, confessa onestamente di non poterla comprendere.
Evidenzia, però, il valore della gioia della vita e il timore di Dio. La vita è fonte di gioia. Ma è dono di Dio e lui può toglierla quando vuole. Il senso della morte, il trascorrere del tempo, il fallimento dei progetti umani conduce la persona umana a non porsi al posto di Dio. Anzi, il modo esatto di stare davanti a Dio è di averne timore cioè rispetto riverenziale.
Qohelet nella sua radicale riflessione sui problemi esistenziali insegna che la persona adulta affronta realisticamente i perché della vita, con coraggio, senza scappatoie, senza preconcetti. Questa capacità permette di realizzare un rapporto corretto con la vita, con se stessi, con gli altri e con Dio.

La riflessione di Qohelet è molto vicina alla nostra cultura. Oggi che il profitto è considerato il valore dominante, la scienza la soluzione dei problemi, Qohelet ricorda che la vita è nelle mani di Dio, e nessuna cosa può prendere il suo posto. Apprezzando le gioie umane, dice Qohelet, non possiamo dimenticare che la felicità è dono. Ribadendo che tutto è soffio, avverte che nulla di quanto ci appare importante è duraturo: tanto meno la vita basata sul guadagno. Se l’esistenza umana è ‘soffio’ i è qualcosa che non lo è: la capacità di cercare con saggezza (1,13; 3,10-11) la gioia come dono di Dio, ma soprattutto non è vanità il timore del Signore, che libera dall’arroganza e apre al mistero che ci sorprende.

Il nome Qohelet deriva dall’ebraico qahal (assemblea). In greco è stato tradotto conEcclesiastes (da ekklesía: assemblea). Di qui il nome Ecclesiaste in alcune Bibbie.

Nella tradizione ebraica il libro del Qohelet si legge durante la festa delle capanne.Così nella gioia del raccolto mentre si gode dei doni di Dio, il popolo è invitato ad apprezzare la moderazione, la riconoscenza, a meditare sulla fragilità dell’esistenza umana e sul mistero che la circonda.